Google, You Tube, Facebook e Skype finora si sono arricchiti gratuitamente vendendo i loro contenuti senza contribuire con un solo cent allo sviluppo e al mantenimento delle reti sulle quali i loro prodotti viaggiano. La pratica del "pasto gratis" deve tuttavia finire per i content provider che "vivono" sulla rete ma non contribuiscono alle spese per la trasmissione dei loro contenuti agli utenti. N� lavorano per lo sviluppo delle stesse, mentre gli operatori di linea fissa e mobile hanno speso miliardi per aggiornare le reti.
L'accusa � stata lanciata da Franco Bernab�, amministratore delegato di Telecom Italia e presidente della Gsma, l'associzione (circa 800 soci) che raccoglie gli operatori di rete di tutto il mondo. Ed � in questa seconda veste che Franco Bernab� lancia la sua accusa, approfittando di una intervista al Financial Times a poche settimane dall'inizio di un summit promosso dalla Ue fra gestori di rete e giganti della telefonia mobile per affrontare il problema della banda larga di prossima generazione.
Bernab� torna a battere un tasto che non gli � nuovo: gli operatori possono offrire nuovi servizi di alta qualit� ai content provider per "servire meglio i consumatori". "Ovviamente questi servizi saranno remunerati" ha aggiunto il presidente di Gsma. Societ� come Google e facebook, per citare i pi� famosi, non potrebbero piů pensare di sfruttare le infrastrutture evitando di contribuire a spese di gestione pari a parecchi miliardi di euro.
I content provider sono avvisati e gli operatori si preparano comunque a battere cassa: se non contribuiranno i creatori di contenuti, a pagare di pi� saranno i clienti...
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